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LA STORIA
Testa di Giunone Diademata
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LE MANIFESTAZIONI
VENTIMIGLIA
 

   
  TESTA DI GIUNONE DIADEMATA

 
 

Marmo bianco cristallino senza venature, a grana grossa, forse greco. Il naso di restauro moderno; scheggiature alla sommità del diadema e, di minore entità, in vari punti della capigliatura e all’orecchio destro. La superficie del viso è stata lisciata e lucidata. L’intera superficie è coperta da una patina di colore giallo-bruno lievemente rosato, dovuta al trattamento con una sostanza organica. Dimensioni: h. 0,274; l. 0,168; p. 0,228. Inv. 671
Proveniente dalla collezione Daziano. Già su piccolo busto moderno in gesso, oggi scomparso.
Il volto è ovale, di impianto largo, le guance piene, il mento rotondo e pronunciato. La bocca, lievemente aperta, ha il labbro superiore sinuoso e sfuggente, quello inferiore un poco più carnoso. Gli occhi sono grandi, le palpebre sottili; l’arcata sopraccigliare è netta, con una piega pronunciata sopra le palpebre. L’acconciatura è costituita da lunghe ciocche ondulate che dalla sommità del capo vanno a raccogliersi in crocchia sull’occipite, coprendo la parte superiore dell’orecchio; due ciocche più corte cadono liberamente davanti alle orecchie. Poggia sui capelli un diadema semilunato (stephàne), privo di decorazione, con sottile cornice superiore.
La testa appartiene ad un tipo di divinità femminile comune in età imperiale romana, ragionevolmente identificata con Hera-Iuno (Giunone), i cui tratti caratterizzanti sono la stephàne, l’acconciatura con crocchia posteriore e l’impostazione vistosamente classicistica, ispirata a modelli del pieno V secolo a.C. Gli esemplari che latamente rientrano nel tipo, limitandoci ai soli busti e teste, sono una trentina, con divergenze, però, abbastanza marcate nell’impianto del volto, nell’acconciatura e nella stephàne, quest’ultima di forma e dimensioni varie, talora decorata con motivi floreali o di altro genere. Per la coincidenza in dettagli significativi come la forma della bocca, il passaggio piano dall’arcata sopraccigliare alla radice del naso e le grosse pieghe sopra le palpebre, l’esemplare ventimigliese appare vicino soprattutto ad una celebre testa colossale di Palazzo Altemps a Roma, già di proprietà del cardinale Ludovisi, e ad un’altra, replica quasi esatta della precedente, del Museo Archeologico di Napoli, entrambe databili nella prima metà del II secolo d.C. Secondo G. Becatti si tratta di copie di una creazione classicistica attica del tardo ellenismo, vicina allo stile dello scultore Eubulides; F. Coarelli le ritiene invece, con ad altre opere di diverso soggetto ma stilisticamente affini, opera di artisti attici attivi a Roma del II secolo a.C. Tuttavia, l’intero gruppo potrebbe anche essere costituito semplicemente da creazioni di officine romane di età imperiale ispirate ad un tipo assai popolare e divenuto, in età imperiale, quasi canonico.
All’interno del gruppo la testa ventimigliese, pur di piccole dimensioni e di esecuzione più corrente rispetto agli esemplari di Roma e Napoli, riveste un certo interesse per ragioni cronologiche. La resa nitida e asciutta delle ciocche inci­se a scalpello, l’assenza assoluta di uso del trapano, suggeriscono infatti una datazione all’età augustea o comunque alla prima metà del I sec. d. C., precoce rispetto alla gran parte degli altri pezzi.

Testo: L. Rebaudo
Foto: G. Hempel, F. Piuma.


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Bibliografia
G. Becatti, Attikà. Saggio sulla scultura attica dell'Ellenismo, «Rivista dell'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte», VII, 1940, 7-116.
F. Coarelli, Polykles, «Studi miscellanei», XV, 1970, 75-89.
B. Palma in B. Palma, L. de Lachenal, I Marmi Ludovisi nel Museo Nazionale Romano, in Museo Nazionale Romano.
Le sculture, a cura di Antonio Giuliano, I/5, Roma 1984, nr, 41; A. Kossatz-Deissmann, Hera, in LIMC, IV, 1988, cat. 120-125; 127-132.
Le Collezioni del Museo Nazionale di Napoli. I/2, La scultura greco-romana etc., a cura dell'Archivio Fotografico Pedicini, Roma & Milano, 1989, nr. 109, pp. 170-171; E. La Rocca, Iuno, in LIMC, V, 1990, cat.

 

 

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