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Rilievo gladiatorio, parte di un più ampio fregio con
figure, in marmo bianco a grana fine ricoperto di una spessa
patina, conservante le cornici in alto e in basso parzialmente
scheggiate, mutilo sui lati con entrambe le fratture nette
frutto di un riutilizzo o restauro, lavorazione non particolarmente
curata e molto consunta.
Alt cm. 44, larg. cm 38. Inv. 633
Scavi ignoti, appartenente alla collezione Daziano acquistato
insieme ad altri pezzi da Thomas Hanbury nel 1900.
Vi sono raffigurati, tangenti alle cornici, tre gladiatori
in atteggiamenti non di combattimento; i primi due sono di
fronte vestiti nello stesso modo, con il subligaculum a coprire
i fianchi, il galerus sulla spalla e sul braccio sinistro,
una protezione fino alle ginocchia forse fasciae
o schinieri (ocreae),
la testa scoperta coi capelli corti e una rada barba, il primo
tiene nella mano sinistra un oggetto non identificabile con
sicurezza formato da più parti ondulate, mentre nella
mano destra sembra impugnare una sica (corta spada ricurva),
ma potrebbe trattarsi anche di uno strigilo, il secondo ha
il viso rivolto verso il proprio compagno, porta la mano destra
alla spalla sinistra e sorregge con la sinistra uno strumento
simile, ma più lungo e formato da due distinte parti,
a quello impugnato dal primo con la stessa mano; la terza
figura è vista da dietro in atto di allontanarsi dagli
altri due, ha il corpo coperto da una leggera e corta tunica
con maniche, fermata in vita da una cintura, capelli lunghi
trattenuti da un nodo sulla nuca e viso giovanile di profilo
verso destra; il braccio sinistro è teso indietro a
rendere plasticamente il movimento e trattiene con la mano
per il bordo un piccolo scudo, parma, il braccio destro è
solo parzialmente visibile mentre la mano è mutila,
ha le gambe rivestite con fasciae.
Difficile dire con certezza a quale categoria appartengano
i gladiatori raffigurati sia perché, salvo per un paio
di armature certe, le altre, nonostante la ricchezza iconografica
e le notizie tramandateci, non possono essere definite con
certezza, a rendere più complessa lattribuzione
vi è il fatto che nel rilievo ventimigliese non sia
rappresentato un combattimento, ma un momento di pausa e quindi
è possibile anche lipotesi di una raffigurazione
incompleta di parti dellarmatura. Il piccolo scudo è
utilizzato sia dai traci che dagli eques, la corta spada ricurva
è tipica dei traci, ma vi sono raffigurazioni di altri
tipi di gladiatori non ben definiti che la impugnano; la mancanza
di scudo e di elmo dei primi due, e interpretando come laqueus
larnese che tengono con la sinistra, li potrebbe far
qualificare come laquearii.
Databile al principio del II secolo d.C.
Il rilievo appartiene a una folta schiera che testimoniano
la persistenza della politica del panem
et circenses, nata in epoca repubblicana
per assicurarsi il favore dei romani, insieme ovviamente ad
altre voci come le liberalitas (elargizione di somme di denaro).
I ludi o munera fino al 22 a.c. erano organizzati, impegnando
propri fondi, dagli edili, che spesso sfruttavano oltre alle
festività anche i funerali di membri della propria
famiglia per indirli, in base alle antiche tradizioni funerarie,
come munera gladiatoria nascondendo dietro alla pietas lambitus,
cioè lambizione di accattivarsi il favore popolare;
dopo questa data Augusto li affidò ai pretori trasformandoli
in strumento di governo. Con Domiziano i munera diventeranno
esclusivamente pubblici con lo scopo di distogliere i romani
dalle questioni politiche.
Testo: F.Piuma
Foto: F.Piuma
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Bibliografia |
C.Laviosa,
Le sculture della raccolta Hanbury nel Museo Archeologico
di Ventimiglia, da Rivista Ingauna e Intemelia, XI, 2,
1952, pp.40-42 |
E.Kohne / C.Ewigleben,
Gladiators and Caesars: the power of spectacle in ancient
Rome, London, 2000
M.M.Calvani (a cura di), Aemilia,
Bologna, 2000 |
A.Gabucci (a cura di),
Il Colosseo, Milano, 1999 |
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