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LA STORIA
VENTIMIGLIA
 

   
  VENTIMIGLIA: UN PO' DI STORIA

Ventimiglia (Albium Intemelium) fu, unitamente ad Albenga (Albium Ingaunum), una delle più importanti sedi primitive dei Liguri: «città degli Intemelii», come dice il suo stesso nome. Sorta in epoca remota e sviluppatasi come centro marittimo ed agricolo nei secoli anteriori a Roma, fu dapprima un baluardo dell’indipendenza ligure di fronte ai Greci di Marsiglia, che avevano colonizzato la costa provenzale sino a Monaco; in stretta unione con gli Ingauni di Albenga si alleò forse con Cartagine durante la seconda guerra punica, poi, dopo un periodo di ostilità con Roma, entrò nel 180 avanti Cristo nell’orbita romana ed accettò a poco a poco leggi e costumi più civili. A lato dell’oppidum dei Liguri Intemelii, che occupava le ultime propaggini della ripida collina sulla destra del Nervia, si insediò probabilmente un castrum con un presidio romano, che fu il primo nucleo e il punto di partenza della città romana.

 
 
 
In epoca imprecisata, probabilmente nell’89 a.C. i Liguri Intemelii conseguirono il diritto latino e costituirono un municipium, che fu uno dei cardini della romanizzazione dell’antica Liguria. Il suo territorio si estese allora a tutto il naturale entroterra di Ventimiglia, il bacino del Roia, aggregando alla civitas degli Intemelii i Liguri Montani, nelle zone di Saorgio, di Sospello e di Briga, sottomessi successivamente, e giungendo lungo la costa sino ai confini di Monaco e di Sanremo. Nell’anno 49 a. C. tale ordinamento acquistò carattere definitivo, con la concessione della cittadinanza romana per opera di Giulio Cesare: Albium Intemelium (il nome si contrasse in Albintimiium a partire dall’età di Augusto) fu nell’organizzazione augustea l’ultima città considerata amministrativamente italica ("città assai grande" la definisce Strabone), mentre poco a ponente, alla Turbia, aveva inizio la provincia delle Alpi Marittime e, oltre il Varo, la Gallia.
Nell’anno 49 a. C. si hanno, da una lettera a Cicerone, le prime notizie dirette sulla situazione interna della città, quando il partito pompeiano vi provocò disordini, facendo assassinare un concittadino, il nobile Domizio, che aveva ospitato Giulio Cesare: gli Intemelii insorsero (risale a questo episodio il motto della Città: Civitas ad arma iit) e M. Celio Rufo, luogotenente di Cesare, fu costretto ad accorrere con truppe dal/a Provenza in soccorso del presidio minacciato. La città doveva essere a quest’epoca completamente romanizzata, grazie soprattutto alla sua posizione di nodo stradale sulla via Aurelia (denominata nel 13 a. C. Julia Augusta), di cui si conservano molte pietre miliari tra Ventimiglia e Nizza, e che diventò la principale arteria di comunicazione terrestre con l’Occidente. Essa aveva come supremi magistrati i duoviri (pari ai consoli di Roma), il suo senato municipale di decuriones e tutte le altre cariche civili e religiose proprie di ogni città romana: edili, prefetti, questori, flamini, collegi corporativi. I cittadini di Albintimilium, iscritta alla tribù Falerna, militavano sotto l’Impero nelle legioni e nelle coorti pretorie, e i migliori percorrevano le carriere pubbliche conseguendovi alti gradi: il più insigne di cui si abbia finora memoria è M. Emilio Basso (di cui si conservano il cippo funerario e il sigillo), che al tempo di Adriano ebbe molti incarichi di primo piano nella carriera procuratoria e fu tra l’altro — particolare curioso — un successore di Ponzio Pilato nel governo della Giudea. Fu pure oriundo di Ventimiglia Gneo Giulio Agricola, il conquistatore della Britannia, la cui madre, Juiia Procilla, fu trucidata nei suoi poderi suburbani durante il saccheggio che la città subì nel 69 d. C., da parte dell’armata navale di Otone, reduce da uno scontro con l’esercito del rivale Vitelio sulla costa nizzarda. Tacito, genero di Agricola, ci ha conservato il ricordo dei funerali della sventurata donna, svoltisi ad Albintimilium negli stessi giorni in cui giungeva la notizia della proclamazione di Vespasiano a imperatore; e ci dà in questa occasione un quadro della floridezza della città (pieni agri, apertae domus è la frase incisiva usata dallo storico), che doveva far contrasto alla povertà e al carattere primitivo delle valli interne, sino al Colle di Tenda, ove mancano quasi totalmente le vestigia di un’intensa vita romana. Solo nella Val Nervia, vicina alla città, sembra si fosse sviluppata una vita rurale più intensa; lungo la costa da Bordighera a Mentone, privilegiata dal clima, dovevano essere frequenti le ville suburbane.

 
 
 
Dopo l’infortunio del 69 d. C. Albintimilium si risollevò, probabilmente col patrocinio di Agricola e col favore di Vespasiano, e prosperò per più secoli nella pace generale dell’Impero, fino al IV e al principio del V secolo. In questa epoca (non conosciamo esattamente l’anno ne la circostanza) la vita della città subì un brusco arresto, conseguente ad una o più azioni distruttrici, dovute alle invasioni barbariche o alle agitate vicissitudini dei tempi. La città decadde rapidamente anche dal punto di vista civile ed economico, mentre la popolazione cercava rifugi più sicuri nelle valli e sulle alture circostanti.
La tradizione cittadina tuttavia non si estinse, e Ventimiglia, mutando il suo nome in Vintimilium, accolse una delle prime sedi vescovili della Liguria, che conservò la giurisdizione territoriale del municipium romano. Nel VI secolo fu un castrum, caposaldo della difesa del limes bizantino contro i Longobardi, e potè resistere fino al 641, anno della conquista di Rotari, e forse ancora per qualche decennio dopo, nella Provincia Maritima Italorum quae dicitur Lunensis et Vigintimiliensis, ultimo baluardo della difesa bizantina. In questo periodo avvennero il definitivo abbandono della città distrutta nella piana di Nervia e il trasferimento della sede principale e giurisdizionale sul colle meglio fortificato di Ventimiglia alta, a ponente del Roia.
L ‘organizzazione giuridica e territoriale dell’antico municipio si perpetuarono, oltre che nella Diocesi tuttora sussistente, nel Comitato di età carolingia, dal quale scaturirono la schiatta illustre dei Conti di Ventimiglia e il libero Comune medioevale. Quest’ultimo nei secoli XII-XIII difese fino all’estremo sangue la sua indipendenza contro Genova, soccombendo definitivamente nel 1261, quando, col trattato di Aix, ebbe luogo la spartizione del territorio internelio fra la repubblica di Genova e la Provenza, punto di partenza dell’attuale frontiera italo-francese. Da quella data ha inizio il nuovo ciclo della storia di Ventimiglia come città di confine.

 

 

 

 

 

Contenuti a cura di Fabio Piuma - Civico Museo Archeologico "Girolamo Rossi"
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